Tema

RIPENSARE LA SOSTENIBILITÀ

ATTRAVERSO

L’ANTROPOLOGIA APPLICATA

In linea con la missione istituzionale della SIAA, l’edizione del convegno del 2022 propone una riflessione sul ruolo dell’antropologia nello spazio pubblico attraverso l’esplorazione di uno dei temi, quello della sostenibilità, che maggiormente ci impegna nello sforzo e nella necessità di costruire e lasciare alle future generazioni un pianeta vivibile e società più eque e giuste.

Negli ultimi anni l’antropologia ha lavorato da una parte alla decostruzione degli usi e a volte degli abusi del concetto di sostenibilità, dall’altra al suo ripensamento. In particolare, la disciplina ha proposto il superamento di concezioni della sostenibilità troppo ancorate a paradigmi di “modernità”, “sviluppo”, “progresso” e “resilienza”; concezioni che tuttavia ancora oggi sottendono le visioni e le politiche di molti attori sociali e istituzionali. L’antropologia si sta infatti sforzando di proporre nuove visioni e immaginari che permettano di rispondere alle sfide della contemporaneità nella direzione di una sostenibilità intesa come un insieme di processi che facilitano le condizioni per il cambiamento, costruendo e supportando la diversità a livello ontologico, biologico, culturale, economico, politico. In altri termini, la sostenibilità non è più solamente intesa come lo sforzo per conservare quello che esisteva in passato, ma come una serie di proposte che possono preparare l’umanità ad affrontare un futuro imprevedibile attraverso il sostegno alla diversità in tutte le sue forme.

Per poter avviare una seria riflessione sul modello di società che vogliamo costruire per il futuro, è necessario sforzarsi di apprendere da modelli altri rispetto a quello industriale-capitalistico della modernità occidentale, che si è reso responsabile di molti dei danni al nostro pianeta. Le molteplici esperienze etnografiche dell’antropologia, che includono diverse teorie e pratiche del mondo, ci indicano tra i possibili modelli alternativi quelli che vengono dai popoli indigeni, dai movimenti dei senza terra, dagli attivisti di gruppi marginalizzati, così come dai sempre più frequenti tentativi di riscoperta degli spazi urbani e rurali nelle nostre società occidentali. La sfida è quella di provare ad apprendere da esperienze umane caratterizzate da processi intenzionali di mantenimento e generazione di diversità, che a loro volta producono sostenibilità.

Sebbene esista già una forte convergenza tra le scienze naturali e le scienze umane sul riconoscimento del mantenimento e del sostegno alla diversità di tutti i tipi e a tutti i livelli al fine di ridurre i danni dell’antropocene e le diseguaglianze sociali ed economiche che lo caratterizzano, permane la sfida di produrre nuove convergenze tra il mondo scientifico e quello istituzionale-politico, il quale ha il compito di progettare e implementare obiettivi di sviluppo sostenibile. Quello che accade, infatti, è che nonostante il riconoscimento della necessità di soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere quelli delle generazioni future, e nonostante l’intenzione di ottenere questo risultato attraverso il perseguimento di obiettivi di miglioramento in termini di crescita economica, inclusione sociale e tutela ambientale, come nell’Agenda 2030 per lo

sviluppo sostenibile dell’ONU, troppo spesso vengono ignorate e bypassate le prospettive locali in nome di concezioni universaliste che producono di fatto il fallimento di molte politiche di sviluppo. Tali politiche sono portate avanti a discapito di popolazioni politicamente marginalizzate, ma anche di una piena sostenibilità di lunga durata, in chiave sia economica che sociale, del sistema mondo nei suoi poli più sviluppati.

Le esperienze dell’antropologia applicata ci hanno reso consapevoli degli scarti che intercorrono tra retoriche e attuazione, delle difficoltà indotte da inerzie istituzionali e condizionamenti politici, degli effetti negativi di progettazioni e implementazioni di agende che non derivano dall’attivazione di processi dal basso. Pertanto uno dei principali obiettivi di questo convegno è discutere le possibilità di ridefinizione, risignificazione e ristrutturazione dei concetti di sostenibilità e sviluppo, a partire dalla promozione di un impegno etnografico sempre più forte nei contesti locali che preveda la collaborazione con le popolazioni toccate dai processi di cambiamento. Tali interventi possono ambire a indirizzare il miglioramento delle condizioni di vita attraverso un dialogo rafforzato con altre discipline (non solo con le scienze naturali e tecnologiche, ma anche con quelle di area economica, giuridica e politica); così come tramite un impegno di collaborazione, a partire dalla co-progettazione, con diverse agenzie politico-istituzionali a livello locale, nazionale e internazionale. In tal senso l’antropologia applicata deve ripensare ancora più a fondo le proprie pratiche in una prospettiva di intervento basata sull’avanzamento di proposte concrete e sulla cooperazione con questi altri saperi ed enti.